Superiore inquadramento. Il criterio discriminante per distinguere tra le diverse qualifiche professionali non è dato tanto dalle attività materiali che le stesse comportano, quanto dal grado di professionalità e conoscenze che implicano.

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Merita di essere segnalata una recente sentenza del Tribunale di Roma, Sezione Lavoro (Trib. Roma, Sezione Lavoro, 3 ottobre 2019 n. 8390, Giudice dott.ssa Consiglio) che, chiamato a pronunciarsi su un caso di una lavoratrice che rivendicava nei confronti del datore di lavoro una superiore qualifica professionale in relazione alle mansioni svolte, ha avuto modo di analizzare nell’ambito del CCNL Turismo – Pubblici Esercizi i profili professionali descritti nella declaratoria contrattuale di appartenenza ed in quella superiore oggetto di pretesa, arrivando ad affermare un interessante principio, ovvero che l’elemento distintivo tra le diverse qualifiche non è dato tanto dalle attività materiali che le stesse comportano, quanto dal grado di professionalità, capacità tecniche e conoscenze professionali che le stesse implicano.

Il caso concreto riguardava una lavoratrice addetta ai servizi di ristorazione che rivendicava il IV^ livello del CCNL Turismo-Pubblici Esercizi, rispetto al V^ assegnatole, deducendo di aver svolto mansioni di barman (“preparando e servendo caffè, vini, spumanti, soft drinks ecc”), allestimento del buffet, cameriera ai tavoli, vendita di spumanti e alcuni vini.

La pronuncia in commento ha, in primis, richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale (cfr. Cass. Lav. 05.02.2004 n. 2164) per cui “nel procedimento logico-giuridico diretto alla determinazione dell’inquadramento di un lavoratore subordinato non può prescindersi da tre fasi successive, e cioè, dall’accertamento in fatto delle attività lavorative in concreto svolte, dalla individuazione delle qualifiche e gradi previsti dal contratto collettivo di categoria e dal raffronto tra il risultato della prima indagine ed i testi della normativa contrattuale individuati nella seconda”.

La sentenza si è poi soffermata sulla normativa del CCNL Turismo-Pubblici Esercizi, in base alla quale rientrano nel V livello (quello riconosciuto alla lavoratrice) i lavoratori che “in possesso di qualificate conoscenze e capacità tecnico-pratiche svolgono compiti esecutivi che richiedono preparazione e pratica di lavoro”, ovvero, a titolo esemplificativo, il cassiere di bar, il banconiere di gelateria, il banconiere di tavola calda, il cameriere bar, tavola calda, self-service, il barista; mentre nel rivendicato livello IV i lavoratori che “in condizioni di autonomia esecutiva, anche preposti a gruppi operativi, svolgono mansioni specifiche di natura amministrativa, tecnico-pratica o di vendita e relative operazioni complementari che richiedono il possesso di conoscenze specialistiche comunque acquisite”, tra i quali, sempre a titolo esemplificativo, sono indicati il cuoco capo partita, il gastronomo, il barman; lo chef de rang di ristorante, ecc.

Nell’esaminare la vicenda oggetto di causa la sentenza ha osservato che la lavoratrice nulla aveva dedotto in ordine alle “condizioni di autonomia esecutiva” che caratterizzano il livello superiore, né specificato perché le mansioni disimpegnate dovrebbero essere ricondotte alla figura del barman (livello IV) e non a quelle del barista (V livello), limitandosi ad affermare di essersi occupata di preparare e servire caffè, vini, spumanti, soft drinks (mansioni rientranti anche tra quelle proprie del barista); né aveva spiegato perché le mansioni descritte di cameriera ai tavoli dovrebbero rientrare nella figura di cameriere di ristorante (livello IV) e non in quelle di cameriere bar, tavola calda, self-service (livello V).

In particolare, secondo la sentenza, il riferimento alle mansioni di “barman” era da considerarsi generico, in quanto la lavoratrice non aveva chiarito in cosa consistessero le stesse e in cosa si differenziassero rispetto a quelle di barista proprie della qualifica di appartenenza; non aveva neppure dedotto di avere la conoscenza specialistica di barman, acquisita attraverso corsi specifici o specifiche esperienze lavorative.  

Pertanto, le mansioni descritte dalla lavoratrice potevano certamente rientrare tra le attività esecutive che presuppongano conoscenze “qualificate” e “capacità tecnico pratiche” proprie del quinto livello, ma non comportano alcuna autonomia esecutiva, né tantomeno richiedono il possesso di conoscenze specialistiche. 

In particolare, dall’analisi dei profili professionali descritti nelle declaratorie sopra esaminate l’attività della lavoratrice corrispondeva più al barista, cameriere bar, tavola calda, self service, tutti profili propri del quinto livello, che al barman o al cameriere di ristorante, profili propri del IV^ livello, che implicano autonomia esecutiva, e richiedono il possesso di conoscenze specialistiche.

Tirando le fila del discorso, la sentenza in commento ha concluso, quindi, affermando il principio secondo cui ciò che rileva ai fini del riconoscimento di un superiore inquadramento è soprattutto la prova del grado di professionalità delle attività svolte, nonché delle conoscenze professionali che le stesse implicano, al di là delle attività materiali in sé.

Si tratta di un’interessante decisione che contribuisce a fare maggiore chiarezza in merito ai profili professionali descritti nella declaratoria contrattuale, con particolare riferimento all’ambito del CCNL Turismo-Pubblici Esercizi.  

A cura di Alberto Sbarra